Collaborazione tra Garante Privacy e Facebook contro il revenge porn
Dall’8 marzo il Garante della Privacy ha attivato un canale di emergenza per le persone che temono la diffusione su Facebook o Instagram a loro insaputa di immagini intime, foto e video.
Lo scopo è quello di rivolgersi al Garante per impedire la diffusione online di contenuti a sfondo sessuale che potrebbero essere utilizzati a fini di revenge porn.
La pratica del revenge porn
La pratica del revenge porn e più in generale del fenomeno della pornografia non consensuale, si concretizza nella diffusione di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo per denigrare pubblicamente, bullizzare e molestare la persona cui si riferiscono.
Il canale di emergenza, disponibile alla pagina www.gpdp.it/revengeporn, raccoglierà le segnalazioni di chi teme di essere vittima di queste pratiche, trattandole in modo sicuro e confidenziale.
Questo strumento era stato già attivato da Facebook l’anno scorso, come programma pilota ed era accessibile solo attraverso un’associazione no profit, ora invece sarà raggiungibile anche tramite il sito del Garante.
Come sostenuto dalla stessa Facebook, lo scopo del progetto è quello di impedire che il social network diventi un luogo dove le persone possano temere che le loro immagini intime siano condivise e di prevenire questo tipo di abusi.
L’obiettivo è anche quello di stimolare tutti i social media ad intraprendere azioni simili al fine di ridurre drasticamente la quantità di contenuti dannosi sulle piattaforme.
Come inviare le segnalazioni al Garante
L’invio del modulo tramite il sito del Garante vale ai sensi dell’art. 144 del d.lgs. n. 196/2003 come una vera e propria segnalazione all’Autorità per l’emanazione dei provvedimenti previsti dall’art. 58 GDPR.
La segnalazione deve contenere una breve descrizione del fatto e indicare gli elementi utili per una prima verifica da parte dell’Ufficio sulla possibilità di attuare la procedura anti revenge porn. Può riguardare soltanto foto o video nelle quali il segnalante è riconoscibile e con le seguenti caratteristiche: devono contenere nudità o atti sessuali, devono essere state realizzate in ambienti privati e coinvolgere direttamente il segnalante e devono riguardare un interessato maggiorenne al momento della foto o del video. Queste foto e video devono essere inoltre nella disponibilità dell’interessato e non devono essere di bassa qualità.
I dati personali di chi ha compilato il modulo saranno comunicati a Facebook che, a sua volta, invierà all’indirizzo e-mail personale del segnalante il link per il caricamento del contenuto in questione.
Una volta ricevuto il link apposito da Facebook dovranno essere caricati l’immagine o il video oggetto della segnalazione. Facebook, a questo punto, provvederà a cifrare il materiale tramite la tecnica di “hashing” per bloccarlo ed impedirne la condivisione. Le immagini e i video verranno distrutti entro sette giorni e non saranno diffusi, né saranno comunicati a terzi.
Se qualcuno tenterà di condividere uno di questi contenuti, Facebook risponderà che sta violando le politiche della società e che questa ha interrotto il tentativo di condivisione.
Un vademecum del Garante
Il Garante ha poi pubblicato un documento con alcuni suggerimenti per prevenire e difendersi dal Revenge porn e pornografia non consensuale attraverso una corretta protezione dei dati personali e in particolare, delle foto e dei video che ci ritraggono (https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9553433).
Il Garante suggerisce di utilizzare adeguate misure di sicurezza (password, sistemi di crittografia, sistemi anti-virus e anti-intrusione) per proteggere i dispositivi (smartphone, pc o tablet) contenenti foto e filmati con scene di nudo oppure in pose o atti esplicitamente sessuali.
Il Garante richiama inoltre la necessità di fare attenzione all’intelligenza artificiale che può purtroppo facilitare azioni di revenge porn (quali il deepfake). Queste tecnologie partendo da foto o video reali del tutto normali manipolano le immagini “denudando” le persone e/o rappresentandole in pose o azioni esplicitamente sessuali false ma del tutto realistiche.
Infine l’Autorità sottolinea altre due questioni importanti.
La prima è che, la decisione di diffondere le proprie immagini, ad esempio tramite messaggi o social network, anche se il profilo è «chiuso» (cioè, visibile ad un numero limitato di persone) espone comunque al rischio di ulteriore condivisione. Molto spesso, infatti, “una volta immessi nel circuito di messaggi e social network, i dati personali possono sfuggire ad ogni controllo ed essere così diffusi in modo tale che risulti poi impossibile, anche con l’aiuto delle autorità preposte o di sistemi tecnologici, poterli cancellare”.
La seconda questione riguarda l’importanza, ad oggi, di evitare di essere complice di una persecuzione ai danni di una persona esposta se si ricevono foto o immagini di queste foto, cancellandole, non diffondendole e facendo una segnalazione alla Polizia postale o al Garante.
Oltre al canale per le segnalazioni, attivato in via sperimentale da Facebook e messo a disposizione dal Garante, la vittima di revenge porn può rivolgersi alla Polizia postale per denunciare il reato e al titolare del trattamento o al Garante per richiedere la cancellazione delle immagini.